E’ la prima opera andata in scena all’Arena, il più grande palcoscenico del mondo, rappresentata ben 566 volte per 51 stagioni.
Un successo senza tempo. E’ l’Aida di Giuseppe Verdi, opera in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni. L’opera fu commissionata a Verdi (1813-1901) da Ismail Pascià – Khedivè, il vicerè d’Egitto, nell’ambito delle celebrazioni per l’apertura del canale di Suez, avvenuta il 18 novembre 1869. La vicenda prende spunto da un soggetto ideato dall’egittologo Auguste-Eduard Mariette. Verdi lo giudicò subito ben fatto e “splendido di mise en scene”. In effetti la storia di Aida, figlia del re d’Etiopia fatta prigioniera e resa schiava dagli Egiziani, presenta situazioni di grande “teatralità”.
Monumentalità e introspezione. Il capolavoro, che ha riscontrato fin dalla prima rappresentazione del 1871 un grande successo, cattura l’attenzione dello spettatore per il dinamico intrecciarsi di vicende individuali con le ragioni del potere che pretende preordinare i fili della grande storia. L’allestimento scenico di questa edizione areniana, ideata nel 1913 da Ettore Fagioli con schemi modulari e la direzione orchestrale di Daniel Oren esprimono bene le peculiarità dell’opera verdiana, azione drammatica costruita su un’alternanza di monumentalità e di introspezione.
Guerra tra popoli. La storia è imperniata su alcuni nuclei tematici: il potere, rappresentato dal gran sacerdote egizio Ramfis e dal re etiope Amonasro; la contesa amorosa tra due donne (Aida, figlia di Amonasro e Amneris figlia del re d’Egitto) entrambe innamorate di Radamès, condottiero egizio; l’amor di patria che imprimerà una svolta al dramma determinandone l’epilogo. Fin dall’inizio l’azione drammatica presenta situazioni conflittuali: Radamès è infatti segretamente innamorato della schiava Aida (romanza “Celeste Aida”) e, al tempo stesso, spera di ottenere l’incarico di guidare in combattimento l’esercito egizio contro quello etiope che minaccia Tebe e la Valle dei Re (“Se quel guerrier io fossi”).
L’amore impossibile. Successivamente si impone pertanto il travaglio interiore di Aida, divisa dalla passione per Radamès e il timore di vedere il suo amato combattere contro il proprio popolo (“Ritorna vincitor … Numi, pietà del mio soffrir”). Un altro fortissimo contrasto psicologico è quello costituito dal “duello” tra le due rivali in amore, Amneris e Aida. Le due protagoniste femminili dell’opera.
La guerra continua. Nel frattempo la vittoria militare arride agli Egizi, guidati proprio da Radamès e la celeberrima Marcia Trionfale del II Atto conferisce in modo impareggiabile solennità all’evento. Ma il popolo etiope è risoluto a voler ribaltare le sorti della guerra, anche ricorrendo all’inganno. Ecco infatti Amonasro, padre di Aida, chiedere alla figlia di carpire da Radamès i segreti piani bellici egizi. Immersa in una profonda malinconia causata dalla nostalgia per la propria terra (O patria mia … o cieli azzurri) Aida accondiscende alla richiesta paterna. Irretito dall’amore per Aida, Radamès le rivela i segreti militari. Ma il piano è subito scoperto da Amneris. Amonasro e Aida riescono a fuggire. Radamès si consegna alle autorità rassegnato a subire la pena per il tradimento. L’opera si conclude con la conferma dell’amore tra Radamès e Aida. Rifiutata l’offerta di salvezza da parte di Amneris, Radamès si accinge a subire la condanna di essere chiuso, murato vivo, dentro la cripta del tempio dedicato a Vulcano. Verrà raggiunto da Aida, decisa a morire con lui (“Morir! Sì pura e bella”).
La salvezza. La conclusione dell’opera potrebbe apparire disperata e lugubre, se non fosse per la levità che la musica di Verdi conferisce a tutta la scena. Ne fu ben consapevole Thomas Mann che, in un passo de “La montagna incantata”, esalta il finale dell’Aida come esempio della funzione trasformatrice della musica, capace di “abbellire l’orrenda volgarità delle cose reali”. Sottolineato dalla musica, il gesto che Aida compie esalta i reconditi legami tra amore e morte mettendo a fuoco al tempo stesso l’antinomia tra colpa e redenzione.
Interpreti di livello. La direzione di Daniel Oren e la regia di Gianfranco De Bosio danno risalto alla maestria verdiana che ha saputo dosare con sapienza scene con “effetti da Cinemascope” , come ha annotato Eugenio Montale a scene intimiste come quella tra Aida e Amneris. Grandi consensi ha ottenuto il soprano venezuelano Lucrezia Garcia, già applaudita generosamente nella scorsa stagione. Un notevole riscontro hanno avuto anche il tenore Marcello Giordani (Radamès) e Giovanna Casolla (Amneris). Sono infine da menzionare la coreografia di Susanna Egri e la performance applauditissima della prima ballerina Myrna Kamara. Aida verrà rappresentata ancora in Arena il 28, il 31 agosto e il 3 settembre 2011.
Mauro Sitta
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